Zero Debris Technical Booklet (ESA)

Giovanni Garofalo • 22 gennaio 2025

L'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha pubblicato il "Zero Debris Technical Booklet" il 15 gennaio 2025, un documento fondamentale che delinea le tecnologie necessarie per raggiungere l'obiettivo di Zero Debris entro il 2030. Questo booklet è il risultato di una collaborazione tra ingegneri, operatori, giuristi, scienziati ed esperti di politica, tutti membri della comunità Zero Debris, composta dai firmatari della Zero Debris Charter. 

L'obiettivo principale è prevenire la generazione di nuovi detriti spaziali, evitare collisioni e garantire la rimozione tempestiva dei satelliti al termine della loro missione. Il documento identifica sei obiettivi tecnologici chiave, tra cui: prevenire il rilascio di nuovi detriti, migliorare la sorveglianza del traffico spaziale e approfondire la conoscenza degli effetti dei detriti spaziali. Questo sforzo collettivo rappresenta un passo significativo verso un futuro sostenibile nello spazio, promuovendo una collaborazione internazionale per la salvaguardia dell'ambiente orbitale terrestre.


La salvaguardia dell'ambiente orbitale

L'ambiente orbitale è una risorsa naturale limitata. Principalmente, esso viene utilizzato per la transizione di satelliti, i quali percorrono orbite stazionare per la trasmissione di segnali. In altri casi (orbita bassa), costruzioni umane come la Stazione Spaziale Internazionale percorrono numerose orbite terrestri giornalmente, inviando dati a terra per poter essere analizzati. Con l'aumento delle attività spaziali e la “democratizzazione” dell'accesso allo spazio, la popolazione di oggetti in orbita terrestre (e, possibilmente, lunare) è destinata a crescere. Ciò potrebbe mettere seriamente a dura prova lo spazio a disposizione per le attività umane. Al momento, v’è consenso sulla necessità urgente di azioni più ambiziose da parte di tutti i soggetti coinvolti per prevenire, mitigare e rimuovere i detriti in ambito internazionale . Questo è cruciale per garantire la sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali, come definito nelle linee guida del Comitato delle Nazioni Unite per l'Uso Pacifico dello Spazio Extra-Atmosferico.


Per affrontare questa sfida, l'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha facilitato lo sviluppo della Zero Debris Charter, una dichiarazione per la sostenibilità spaziale che definisce principi guida e obiettivi comuni per il 2030. I principi fondamentali della Carta includono:

·    Minimizzare il rilascio non intenzionale di detriti;

·      Evitare il rilascio intenzionale di detriti;

·      Anticipare e mitigare l'impatto dei detriti su popolazione, le infrastrutture e ambiente;

·   Promuovere sforzi costanti e collaborativi per migliorare la consapevolezza e la comprensione del problema.


La Carta è accompagnata da obiettivi quantificabili che definiscono i criteri per valutare i progressi della comunità Zero Debris. Il booklet presenta una selezione di esigenze tecniche, soluzioni e fattori chiave che forniscono gli strumenti necessari per raggiungere questi obiettivi.

Il fenomeno: Generazione di detriti

I detriti spaziali, o "spazzatura spaziale," comprendono particelle naturali (meteoroidi) e artificiali (creati dall'uomo). I detriti orbitali sono sostanzialmente oggetti creati dall'uomo che non assolvono più una funzione. Tra questi si trovano satelliti non funzionanti, stadi, frammenti generati da missioni e detriti derivanti da esplosioni o collisioni.


Al momento, sono stati tracciati circa 500.000 detriti in orbita terrestre da parte della NASA. Alcuni di essi (numericamente parlando, milioni), sono troppo piccoli per essere tracciati, e rappresentano un rischio significativo per le missioni spaziali. In media i detriti viaggiano fino a 37.000 km/h, abbastanza da causare danni considerevoli anche se di dimensioni ridotte.

Per affrontare la minaccia dei detriti, la NASA utilizza il radar Haystack, capace di rilevare frammenti tra 5 mm e 30 cm. Questo strumento campiona statisticamente la popolazione di detriti puntando verso specifici angoli e rilevando gli oggetti che attraversano il suo campo visivo. Questa tecnologia è cruciale per monitorare i rischi e mitigare i potenziali danni alle missioni spaziali.


Soluzioni proposte

Un'economia circolare spaziale includerà un ecosistema di servizi di manutenzione in orbita, tra cui: assemblaggio, produzione, riparazione e riutilizzo, riciclo. I satelliti o i manufatti umani dovranno essere progettati per essere smontabili, riassemblabili e aggiornabili, massimizzando l'uso delle risorse esistenti e limitando l'estrazione di materie prime terrestri. Saranno necessarie piattaforme modulari, interoperabili e con carichi utili scambiabili, capaci di adattarsi e riconfigurarsi in orbita.


Per affrontare queste sfide, è fondamentale sviluppare missioni di manutenzione che dimostrino servizi di economia circolare, definire i concetti operativi per le operazioni di prossimità e sviluppare strumenti robotici e tecnologie specifiche. Anche nuove tecniche di verifica e validazione saranno indispensabili.


Conclusione

L'attuale modello delle operazioni spaziali si basa sull'uso singolo dei veicoli spaziali, progettati per essere lanciati, operare e poi essere eliminati nell'atmosfera o posizionati in orbite cimitero. La maggior parte di questi veicoli e razzi diventa detriti o rientra nell'atmosfera. Per un futuro più sostenibile, è necessario passare a un modello di economia circolare nello spazio, che mira a ridurre l'uso delle risorse e aumentare il valore derivato dagli asset spaziali.

Un'economia circolare, secondo la norma ISO 59004, implica il mantenimento di un flusso circolare di risorse, recuperandone e migliorandone il valore per contribuire allo sviluppo sostenibile. Sebbene siano stati compiuti progressi iniziali con missioni di manutenzione in orbita, come il prolungamento della vita operativa dei satelliti e l'uso di lanciatori riutilizzabili, l'implementazione di una vera economia circolare nello spazio presenta sfide tecniche e tecnologiche significative.

Questi sviluppi, pur introducendo un'economia circolare spaziale, non sostituiranno l'approccio Zero Debris, che rimarrà essenziale. Sarà necessario comprendere e mitigare gli impatti della produzione, assemblaggio e riciclo in orbita, come la generazione di piccoli detriti o la scarsa capacità di distruzione controllata di strutture prodotte nello spazio. L'impegno verso la mitigazione dei detriti spaziali sarà ancor più cruciale in questo contesto. (Agency, 2024)


Condividi

Autore: Elisa Goffo 28 ottobre 2025
I pianeti che conosciamo nella nostra galassia sono più di 6000, ma sappiamo ancora molto poco su come si formino. Il modo migliore per studiare i loro processi di formazione è osservare i sistemi planetari “appena nati”. Il sistema planetario PDS 70 , situato a circa 370 anni luce da noi , è il miglior esempio che abbiamo scoperto finora ed anche il più studiato. é infatti il primo sistema conosciuto in cui gli astronomi hanno potuto assistere direttamente alla nascita di pianeti extrasolari. PDS 70 è una stella giovane, di circa 5 milioni di anni, che si trova ancora nella sua “infanzia”, se confrontata con i 4,6 miliardi di anni del nostro Sole. Per questo, e per molti altri motivi, è uno dei luoghi più studiati del cielo, dove possiamo osservare direttamente pianeti in formazione.
Autore: Andrea Vanoni 9 ottobre 2025
Un tempo riservata agli osservatori professionali e alle agenzie spaziali, l’osservazione e la ripresa di corpi celesti come la Luna, i pianeti e persino il Sole è oggi alla portata di molti grazie ai progressi della tecnologia e alla crescente accessibilità di strumenti astronomici amatoriali. Sempre più appassionati di astronomia si cimentano nella fotografia planetaria e solare, ottenendo risultati sorprendenti e contribuendo, talvolta, anche alla ricerca scientifica. Negli ultimi anni, il mercato ha visto un’impennata nella qualità e nella disponibilità di telescopi, camere planetarie, filtri solari e software di elaborazione immagini pensati per gli astrofili. Strumenti come: • Telescopi a lunga focale , ideali per l’osservazione planetaria • Camere CMOS ad alta sensibilità e frame rate elevato • Software di stacking e post-processing (come AutoStakkert!, RegiStax e AstroSurface) hanno rivoluzionato le possibilità di chi osserva il cielo da casa, permettendo di ottenere dettagli sorprendenti di Giove, Saturno, Marte, delle fasi lunari e persino delle macchie solari.
Autore: Liliana Balotti 2 ottobre 2025
La NASA ha ufficialmente annunciato la selezione di 10 nuovi astronauti per la classe del 2025 , scelti tra oltre 8.000 candidati provenienti da tutti gli Stati Uniti. Dopo un lungo e rigoroso processo di valutazione che ha incluso test fisici, psicologici, tecnici e colloqui altamente selettivi, sono emersi sei donne e quattro uomini che rappresentano l'élite scientifica, tecnica e operativa del Paese. Il nuovo gruppo inizierà ora un intenso programma di addestramento di due anni presso il Johnson Space Center di Houston , sede storica del corpo astronauti. Durante questo periodo, saranno formati su una vasta gamma di competenze: camminate spaziali (EVA), operazioni robotiche, ingegneria di sistemi spaziali, lingua russa (necessaria per lavorare con i colleghi a bordo della ISS), sopravvivenza in ambienti ostili e operazioni mediche d’emergenza. Solo al termine di questo addestramento otterranno la qualifica ufficiale di astronauta. La classe del 2025 potrà essere assegnata a diverse missioni, tra cui spedizioni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) , missioni commerciali con partner privati come SpaceX e Axiom , o, per alcuni di loro, ruoli chiave nelle prossime fasi del programma Artemis , che punta a riportare l’uomo — e per la prima volta una donna — sulla superficie lunare nel corso di questo decennio. Obiettivo finale: creare una presenza umana sostenibile sulla Luna e, successivamente, pianificare le prime missioni con equipaggio verso Marte . Con questa nuova selezione, il numero totale di astronauti scelti dalla NASA dalla nascita del corpo astronauti — risalente al 1959 con il primo gruppo delle missioni Mercury — sale a 370 persone . Si tratta di un traguardo simbolico, che riflette non solo la continuità della grande tradizione spaziale americana, ma anche la sua trasformazione: dagli anni pionieristici della corsa allo spazio, passando per le missioni Apollo, lo Space Shuttle e la ISS, fino all’attuale era di collaborazione tra agenzie spaziali e aziende private. La classe 2025 si distingue per la sua notevole diversità professionale . Tra i nuovi astronauti figurano piloti militari collaudatori , ingegneri aerospaziali , medici , scienziati planetari , esperti di missioni spaziali commerciali e persino una ex atleta della nazionale statunitense di rugby. Alcuni hanno già avuto un assaggio dello spazio, come Anna Menon , che ha volato nel 2024 nella missione privata Polaris Dawn , mentre altri hanno alle spalle centinaia di ore di volo in teatri operativi o hanno partecipato a missioni scientifiche in ambienti estremi sulla Terra, come l’Antartide o zone vulcaniche. Il loro background riflette il nuovo volto dell’esplorazione spaziale americana: multidisciplinare, collaborativo, altamente tecnico e sempre più orientato verso l’esplorazione umana del Sistema Solare . Questi dieci astronauti non saranno solo esploratori: saranno scienziati, ingegneri, comunicatori, ambasciatori della Terra nello spazio. Con l’ambizione di riportare esseri umani sulla Luna dopo oltre 50 anni, e con la prospettiva di spingersi oltre, la NASA sta costruendo oggi la squadra che domani potrebbe rappresentare l’umanità su altri mondi.
Autore: AstroBenny (Benedetta Facini) 30 settembre 2025
Sierra Space ha annunciato che il volo inaugurale del suo spazioplano Dream Chaser non includerà più una manovra di attracco con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), ma sarà limitato a una missione dimostrativa in orbita. Il cambiamento deriva da una revisione del contratto Commercial Resupply Services-2 (CRS-2) che in origine prevedeva un minimo di sette missioni di rifornimento all’ISS con Dream Chaser e il modulo cargo Shooting Star.
Autore: Simone Semeraro 25 settembre 2025
Da quando Sputnik raggiunse l’orbita terrestre, lo spazio si è via via riempito di satelliti. Non tutti hanno il privilegio di ritornare sulla Terra. Molti di essi, o meglio, molte parti di essi, sono destinati a vagare nello spazio per decenni. Questi oggetti di modeste dimensioni sono come dei proiettili, pronti a danneggiare qualunque oggetto si trovi sulle loro traiettorie. Due eventi storici hanno aumentato in maniera significativa il numero dei detriti spaziali : il test missilistico cinese del 2007 e lo scontro tra Iridium 33 e Kosmos 2251.
Autore: AstroBenny (Bendetta Facini) 16 settembre 2025
L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha annunciato l’equipaggio e la data di lancio della missione Soyuz MS-28. La missione, della durata di circa otto mesi, è prevista per il 27 novembre e raggiungerà la Stazione Spaziale Internazionale dove verrà effettuato uno scambio di equipaggio con la missione precedente. Il lancio avverrà dal Cosmodromo di Baikonur in Kazakistan a bordo di una navicella Soyuz. L’equipaggio
Mentre la stagione più calda e soggetta agli incendi boschivi volge al termine,
Autore: Gabriele Dessena 9 settembre 2025
Mentre la stagione più calda e soggetta agli incendi boschivi volge al termine, è interessante osservare come l’Italia affronti questa emergenza dall’alto, affidandosi a una flotta specializzata di velivoli ed elicotteri
A settembre la ISS verrà raggiunta da due missioni cargo di rifornimenti
Autore: AstroBenny (Benedetta Facini) 2 settembre 2025
A settembre la Stazione Spaziale Internazionale verrà raggiunta da due missioni cargo di rifornimento. La prima missione chiamata Progress MS-32 verrà lanciata da Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, mentre la seconda missione chiamata CRS NG-23 , verrà gestita da Northrop Grumman. Progress MS-32 Il lancio della missione Progress MS-32 avverrà con un razzo Soyuz di Roscosmos dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan.
Autore: Elisa Goffo 28 agosto 2025
Un gruppo di ricercatori potrebbe aver individuato per la prima volta un buco nero supermassiccio subito dopo la sua formazione. Il buco nero si trova al centro di una struttura chiamata “ Infinity ”, nata dalla fusione di due galassie . La scoperta potrebbe offrire un nuovo spunto per comprendere come i buchi neri massicci si siano originati nell'universo primordiale.
Fin dagli albori dell’attività spaziale, i detriti derivanti da satelliti, razzi e altri oggetti in
Autore: Giovanni Garofalo 26 agosto 2025
Fin dagli albori dell’attività spaziale, i detriti derivanti da satelliti, razzi e altri oggetti in orbita hanno rappresentato un rischio potenziale durante il loro rientro nell’atmosfera terrestre.
Show More