La corsa al riutilizzo
Il 13 novembre 2025 segna una data importantissima per il settore spaziale, poiché un nuovo attore si aggiunge a SpaceX nel settore dei razzi riutilizzabili: è la compagnia spaziale di Bezos, Blue Origin, il cui razzo New Glenn è atterrato verticalmente in completa autonomia. Ad essere precisi, è stato il primo stadio, Jacklyn, ad essere atterrato e (quasi) pronto al riutilizzo. è il secondo tentativo di Blue Origin di effettuare questa impresa con successo, dopo il fallimento della parziale della missione NG-1 di gennaio dello stesso anno, quando il carico era stato lanciato con successo, ma dati telemetrici di Jacklyn si persero è non atterrò come previsto. Ma come siamo arrivati a questo punto?
Il problema principale nasce dalla necessità di mantenere efficienti i lanciatori spaziali. Il momento del decollo è il più critico, richiedendo la spinta maggiore, ma, all’aumentare della quota e durante lo svuotamento dei serbatoi di propellente, i razzi sono zavorrati da struttura inerte.
Per ridurre questo problema, i razzi vengono divisi in stadi, che si separano al momento più opportuno. Per molto tempo, la corsa allo spazio non si interessò particolarmente all’impatto che tale soluzione potesse avere sull’economia del settore, date le circostanze sociali, economiche e politiche del momento. Ma con l’intensificarsi dei voli, i costi delle missioni iniziavano a gravare sulle casse dei Paesi che li pianificavano.
I primi concept che proponevano una soluzione erano i veicoli Single-Stage-To-Orbit (SSTO), razzi a stadio unico su cui abbiamo dedicato un articolo.
Il primo sistema a tenere conto della riutilizzabilità fu lo Space Shuttle, che presentava una soluzione tanto elegante quanto complicata. L’orbiter era stato creato infatti con l’obiettivo di atterrare come un aereo, è pertanto fu creato come un ibrido tra un aeroplano ed un razzo. In realtà, lo Space Shuttle non era completamente riutilizzabile, siccome il serbatoio di idrogeno (il gigantesco siluro arancione facilmente riconoscibile nelle foto dello shuttle) era scartato ad ogni lancio, mentre i booster laterali con propellente solido erano recuperabili, ma ammaravano e sprofondavano nell’oceano, richiedendo pertanto molto lavoro prima di essere montati per il lancio successivo.
Prossimi al ritiro del programma Space Shuttle, NASA presentò Ares I, il vettore che avrebbe appunto sostituito l’ormai costoso predecessore. Questo era un lanciatore più convenzionale, diviso in tre stadi, che avrebbe ereditato uno dei booster solidi dello Shuttle, modificato ed adattato a primo stadio. Nonostante il lancio del prototipo Ares I-X in data 28 ottobre 2009 ebbe successo, il programma fu cancellato a causa dei tagli ai fondi che il settore spaziale pubblico negli USA subì in quel periodo.
Dietro le quinte, una compagnia privata iniziava ad attirare l'attenzione su di sé. La compagnia era SpaceX, che nel 2008 si trovava sull’orlo del lastrico, con tre lanci finiti con la perdita del razzo. Ma il 28 settembre di quell’anno, il loro quarto lancio fu un successo, inaugurando l’inizio di un periodo florido per la compagnia, che le permise di creare poi il Falcon 9, il primo razzo ad effettuare un atterraggio controllato il 21 dicembre 2015.
Altre compagnie, private e statali, si apprestano a diventare concorrenti, come la neozelandese e americana Rocket Lab, la cinese Space Pioneer ed anche le europee MaiaSpace, PLD Space ed Avio. Ciò che è certo è che lo spazio è la nuova frontiera, e raggiungerla sta diventando sempre più economico.
Condividi











